di FABIANO AMATI
Se un dolce s’impasta con lo zucchero, come si può far funzionare un impianto per fonti rhinovabili senza sole, mare e vento?Aver raccontato a tutti la virtù pugliese di averli tutti e tre in abbondanza, ha fatto da richiamo non solo per romantici baci al chiar di luna ma anche per occasioni industriali al servizio dell’ambiente, così da combattere con armi più appropriate l’inquinamento e avendo cura di non finire con la pancia vuota ad abbaiare alla luna E veniamo al dunque. D no all’eolico offshore di molti comuni della provincia di Lecce, gridato probabilmente per suggestione, ridurrebbe – se accolto – la risposta anti inquinamento della Puglia, favorendo povertà produttiva e occupazionale per l’intera regione. A cominciare da Brindisi. La costruzione e la gestione di quegli impianti, infatti, porta con sé una realistica ipotesi di consistente utilizzo del Porto di Brindisi, con le intuibili ricadute positive. Per questo sarebbe meglio avvistare l’intero mondo politico regionale, a cominciare da quello brindisino, impegnato nel farsi sentire con chiarezza anche sulla proposta allocata al largo della costa basso-salentina.
La risposta alla carenza di lavoro e alle crisi industriali si trova nell’accoglienza dei nuovi programmi industriali a caratura ambientale e non nel no-a-tutto e nei sussidi da decrescita infelice. Le due iniziative di eolico offshore con profilo strategico nazionale, si accordano con la transizione ecologica e produttiva, puntualizzando un’inedita combinazione d’interessi: ambiente e industria.
A queste iniziative, si contrappongono però suggestioni politiche intente a bloccare il programma con argomenti da “terrore” paesaggistico, ossia un processo di carattere culturale predicato con auspici di valori77awione del paesaggio attraverso l’immobilismo e la musealinazione, cioè le forme più rapide di devastazione: sospettare infatti sull’intervento accorto dell’uomo nel contenere le furie della natura valorizza la spietatezza distruttiva del tempo che passa. Non si può procedere così. Questa è una piega che va stirata al più presto. Le ocra ioni perse del passato portano il conto salato dell’inquinamento e della povertà. La Puglia e la sua classe politica, se interessate ai valori ambientali e produttivi, non possono sedersi in platea a “degustare” inerti le performance di movimenti di protesta che finiscono per ridurre il potenziale dell’importante Porto di Brindisi.
E la classe politica brindisina non può pensare che aver detto SÌ all’impianto offshore al largo di Brindisi esaurisca la gamma dei compiti e dei doveri, come se gli effetti benefici degli impianti fossero tarati sui confini amministrativi comunali o provinciali. L’esperienza di Brindisi e la propensione di favore verso l’iniziativa nello specchio di mare antistante il proprio territorio dovrebbe essere valorizzata in modo esemplare, offrendo elementi di valutazione positiva anche sull’impianto previsto al largo della costa adriatica di Lecce. Occorre insomma spiegare ai sindaci salentini e ai movimenti di protesta che il loro NO si rende complice di decisioni contro l’ambiente, il lavoro e gli interessi del Porto di Brindisi Puglia è la patria europea di Elio, Poseidone e Eolo, le divinità greche della natura che si fa ambiente. Se gli impianti da rinnovabili non si favoriranno in Puglia, consapevoli che rappresentano solo una parte della più complessa strategia di approvvigionamento energetico e di differenziazione delle fonti, il dolce senza zucchero non sarà dietetico, ma amaro.
Articolo pubblicato sulla Gazzetta del Salento del 26-02-2022