Tamponi, Amati: “Quando una cosa è gratis c’è sempre qualche altro che paga”

“Ma perché i tamponi ai non vaccinati devono pagarli i vaccinati? Quando una cosa è gratis c’è sempre qualche altro che paga: i cittadini con le loro tasse o le imprese togliendo le risorse alla produzione per un capriccio scientificamente infondato”.

Lo dichiara il presidente della Commissione Bilancio e programmazione Fabiano Amati.

“L’ipotesi incredibile caldeggiata da qualcuno di far pagare alle casse pubbliche o ai datori di lavoro i tamponi per chi ha scelto di non vaccinarsi è irrispettosa verso quella grande comunità che nei mesi scorsi si è messa pazientemente in fila per ricevere il vaccino. Quel gesto di senso del dovere verso gli altri (perché è diseducativo e anche scorretto parlare sempre e solo di diritti e delle proprie piccole rivendicazioni) ci sta consentendo di tornare alla normalità. Il lockdown prima e le vaccinazioni poi hanno permesso a molte attività di riaprire e di tornare a produrre economia. E oggi che vogliamo fare? Premiare e dare ragione a coloro che si sono fatti tuttologi stando dietro a un pc? Coloro i quali, vale ricordarlo, hanno anche in qualche caso deriso chi ha scelto, pur con legittime preoccupazioni, di fidarsi della prova scientifica? Le libertà che si rivendicano con estrema facilità prevedono per tutti l’assunzione di responsabilità di pensiero e scelte. C’è stata una meravigliosa e faticosa campagna vaccinale. Chi ha scelto di non fidarsi della competenza si paghi il tampone perché è venuto meno a dei doveri verso quella comunità da cui oggi vuole, anzi pretende di ricevere il sostegno economico per farsi il tampone ogni due giorni”.

Xylella, fitopatologie e truffe, Amati: “Non ci sono prodotti in commercio che curano le fitopatologie. La conferma in Commissione”

“Come volevasi dimostrare: i tecnici dell’assessorato regionale all’Agricoltura hanno riferito che non c’è prova scientifica di efficacia sull’essiccamento da patologie allo stato incurabili, compresa ovviamente la Xylella, dei prodotti Nuovolivo e Nutrixgold. Spero che il Comune di Lecce revochi l’autorizzazione a usare il suo logo e l’Università di Bari diffidi all’utilizzo del proprio”.

Lo dichiara il presidente della Commissione regionale Bilancio e programmazione Fabiano Amati al termine della IV Commissione che ha ascoltato l’assessore Pentassuglia e i tecnici dell’Osservatorio e dell’assessorato, Infantino e Nardone.

“Non esiste al momento un prodotto terapeutico in grado di contrastare il disseccamento degli ulivi provocato dal batterio Xylella o da altre fitopatologie allo stato incurabili. Ha usato parole nette il dirigente della sezione dell’Osservatorio Fitosanitario, Infantino, il quale in Commissione ha spiegato che i due prodotti commercializzati nelle ultime settimane quali toccasana contro il disseccamento e utili a riportare gli ulivi allo splendore originario sono un mix di saponi naturali, Nuovoulivo, o coadiuvanti come il Nutrixgold.
Ovviamente avremmo avuto piacere qualora fosse stato registrato un esito diverso e per così dire miracoloso, ma dobbiamo invece rilevare che restano ancora le buone pratiche agricole e l’eradicazione, almeno con riferimento alla Xylella, le uniche strade per prendere tempo nell’attesa della scoperta di una cura efficace.
Allo stato, dunque, non ci sono prove scientifiche per affermare l’efficacia dei prodotti esaminati nei casi di fitopatologie incurabili, per cui il Direttore del dipartimento Agricoltura, Nardone, ha annunciato che si procederà attraverso gli uffici legali a valutare gli eventuali presupposti di pubblicità ingannevole, e lo stesso assessore Donato Pentassuglia ha ribadito che nessuno dei due prodotti può considerarsi un rimedio e che su questo si è già espresso il Comitato scientifico. Invito pertanto – chiude Amati – anzitutto i due enti il cui logo è stato debitamente o indebitamente utilizzato a mettere in campo azioni a tutela della propria credibilità. Soprattutto auspico che le amministrazioni pubbliche non commettano gli errori del passato dando credito a teorie non scientifiche che di danni ne hanno fatti fin troppi e che non ci hanno dunque permesso di comprare tempo e ridurre la distruzione.
Nel corso dell’audizione abbiamo anche appreso, ed è questa un’incoraggiante buona notizia, di alcuni studi americani e spagnoli che sembrerebbero far ben sperare nell’utilizzo di alcuni virus che si nutrono del batterio. Ma bisognerà comunque vedere cosa accade nel passaggio dai laboratori ai campi”.