“La discussione sulle cariche di segretario/candidato premier, congiunte in un’unica persona, o disgiunte, appartiene a due diverse concezioni dello Stato e dei partiti, e della loro rispettiva importanza. Deciderlo oggi non è pertanto esercizio ozioso, ma appartiene alla migliore adeguatezza (piaccia o no) alla realtà della proposta politica del PD. Certamente è possibile che le posizioni sull’argomento possano essere dettate anche da esigenze ‘di giornata’, e cioè sull’utilità o meno per la vita del Governo Letta di congiungere le due funzioni in un’unica persona; ma non sempre ciò che è giustificabile per tattica è utile per l’Italia. Per questo una scelta di unificazione delle due figure è più che mai opportuna, da raggiungere con tutti i procedimenti di libera e aperta selezione del leader: le più che collaudate primarie.”
Lo dichiara il Consigliere regionale Fabiano Amati.
“C’è una frase lungimirante, purtroppo sottovalutata – dice – che sull’argomento la dice tutta. Essa è stata pronunciata da Matteo Renzi, nei giorni scorsi, rilasciando un’intervista al Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ): ‘Certo, non vorrei diventare capo del Pd per cambiare il partito, ma per cambiare l’Italia’, ha detto Renzi.
Nel lucido concetto espresso da Renzi c’è l’inesorabile (funziona così in tutte le democrazie più antiche dell’Italia): i partiti moderni servono per selezionare un leader (e relativa classe dirigente) che interpreti direttamente un programma di governo e alleanze da egli stesso proposti. L’idea delle funzioni disgiunte, e cioè che il governo del Paese e il suo leader debbano essere posti sotto la direzione e sorveglianza di un apparato politico-partitico (che funzioni come un Consiglio d’Amministrazione), è ormai fuori dal senso di realtà, adeguata solo all’Italia che fu, quella che presentava alte percentuali di elettorato immobile, e produttiva – anche in buona fede – di una serie di ‘omicidi’ politici, come in passato in rapida successione è accaduto per Rutelli, Prodi e Veltroni.
Per questo desterebbe in me particolare preoccupazione per le sorti dell’Italia una decisione che disgiungendo le funzioni finisca per convincerci, ancora una volta, che la missione di cambiamento del PD sia sullo stesso livello d’importanza di quella per cambiare l’Italia, e magari per adempiere a un’idea di partito che ha le sue suggestioni solo nei libri di storia o di buona tecnica politica.
Poi è chiaro che nel paradiso trasferito in terra, il bene e il meglio sarebbero un Paese e un partito che cambiano assieme, con più persone alla guida in un corale processo di dedizione disinteressata; ma questo può accadere, almeno al cospetto della secolare serie storica, solo nel paradiso terrestre e negli schemi retorici dell’incitazione alla democrazia. Il cuore degli uomini è purtroppo più debole, e di tanta debolezza bisogna tenere opportunamente conto, se davvero si vuole cambiare qualcosa in Italia, in Puglia e in ogni grande o piccolo municipio.”