“Da notizie di stampa apprendo che i parlamentari salentini del Movimento 5 Stelle dichiarano il loro dissenso sull’apertura del cantiere per la realizzazione della strada regionale 8 Lecce-San Foca. Devo confessare che l’opinione mi stupisce molto.”
Lo ha dichiarato l’Assessore alle Opere pubbliche e Protezione civile Fabiano Amati. “Mettendo da parte l’infondatezza tecnica delle obiezioni (l’opera non incrocia valori paesaggistici sottoposti a tutela e non interferisce con le aree di pericolosità idraulica) – ha detto – sulle quali in altre occasioni ho avuto modo di rendere conto, mi stupisce ed incuriosisce il fatto che l’argomento sia trattato con tanta leggerezza e disinformazione dal movimento politico che si è distinto per la proposta del reddito di cittadinanza. Evitando di argomentare sulla questione della sicurezza e della tutela della vita umana, la cui priorità mi pare ovvia e per questo presumo condivisa, i parlamentari salentini non considerano che il cantiere assicurerà il reddito, e per diversi anni, a circa 300 famiglie che attualmente vivono una terribile condizione di sofferenza. A questo si aggiunga che con il provvedimento di consegna parziale del cantiere abbiamo avuto modo di puntualizzare la disponibilità della Regione a valutare variazioni di tracciato compatibili con il codice degli appalti, a ridurre al minimo l’espianto e il rimpianto dei 43 ulivi interessati globalmente per questo primo lotto e a realizzare una pista ciclabile in conformità con la legge regionale vigente. Naturalmente non si dica che i soldi resi disponibili per la realizzazione di quest’opera siano dirottabili su un’altra da programmarsi, perché in caso di mancata realizzazione quel finanziamento sarebbe inesorabilmente perso (basta leggere le carte). Se pur volessimo supporre, per mera finzione, che le risorse siano destinabili ad altre opere e non volessimo considerare la priorità del problema di sicurezza di quella rete viaria, resterebbe comunque in campo il problema che per cominciare i lavori su altro cantiere servirebbero come minimo tre anni (programmazione, progettazione, valutazione d’impatto ambientale, gara d’appalto ed aggiudicazione), e nel frattempo avremmo intatto il problema del lavoro per circa 300 lavoratori, cioè l’argomento della sofferenza nello svolgimento della vita quotidiana per 300 famiglie. Non è di questo che dovrebbe occuparsi, tra l’altro, la politica del cambiamento?”.