“Sembrava cosa fatta e invece non c’è ancora nulla di definito sul dissalatore di Taranto, che dovrebbe servire a liberare le acque del Sinni dagli usi industriali per essere destinate agli usi potabili e agricoli. Riproverò tra un mese, nella speranza di conoscere chi costruirà l’opera, dove sorgerà, con quali risorse sarà realizzata e in quanto tempo. Cioè l’essenziale delle cose che si vogliono fare davvero”.
Lo comunica il Presidente della Commissione regionale Bilancio e Programmazione Fabiano Amati, commentando l’audizione del direttore di ASSET, Acquedotto pugliese e Comune di Taranto.
“Dieci anni fa si decise di puntare ai due depuratori Gennarini-Bellavista per produrre acqua ultra-affinata da erogare all’ex Ilva, così da poter riutilizzare nel potabile e nell’irriguo i 500 litri al secondo di acqua che l’industria siderurgica continua a usare per finalità industriali.
Qualche mese fa sembrava che tutto fosse pronto per avviare il procedimento, con dichiarazioni molto determinate rese in una della riunioni del tavolo permanente per Taranto. E invece nulla, tutto ancora in alto mare.
A seguito delle proteste di Arcelor Mittal, a mio giudizio infondate, si cambiava obiettivo annunciando,
come come decisa, la realizzazione di un dissalatore.
Pensando dunque di poter conoscere solo il cronoprogramma per la realizzazione dell’importante progetto, decidevo di chiedere l’audizione in Commissione di tutti i protagonisti tecnici. Ma anche questa volta nessuna risposta precisa, se non la conferma della decisione di realizzare il dissalatore, su localizzazione dell’impianto, realizzatore e fonti di finanziamento.
Riproverò tra un mese con le stesse domande, in questo aiutato dal Presidente della V Commissione Paolo Campo, sino a quando non ci sarà una risposta. E tutto ciò perché l’argomento della razionalizzazione degli usi della risorsa idrica attiene alle aspettative di maggiore dotazione idrica delle province di Taranto, Brindisi e Lecce, all’ambiente e alla produttività”.