Dichiarazione del Presidente della Commissione regionale Bilancio e programmazione Fabiano Amati.
“Il Piano industriale di Acciaierie d’Italia, presentato oggi in Commissione dal Presidente del CdA Franco Bernabè, risulta convincente soprattutto perché racconta, con sobrietà, competenza, rigore e razionalità, il dovere ambientalista e salutista di mantenere in vita lo stabilimento, pena una catastrofe ecologica da dismissione.
Il vero dramma consiste, invece, nella spesa irrisoria in bonifica da parte dei diversi soggetti impegnati nel programma, nonostante lo stanziamento di centinaia di milioni. E su questo sarebbe necessaria una notevole attività di controllo e impulso dei parlamentari nazionali.
Risulta rilevante, inoltre, l’impegno al raggiungimento della completa decorbonizzazione e riconversione del processo produttivo entro il 2032 e con vari passi, perché è tecnicamente impossibile realizzare l’obiettivo senza gradualità.
Nel percorso di avvicinamento all’obiettivo del 2032 è emerso il programma della realizzazione di diversi forni elettrici, in grado di funzionare a gas e nella speranza di poterli mettere in attività con l’idrogeno, qualora tale vettore sarà disponibile e avrà costi competitivi.
Resta in piedi, infine, il grande dramma dell’indotto dello stabilimento, utilizzati come banche dall’azienda a causa della mancata disponibilità di liquidità. Su questo punto sarebbe il caso di un grande esame di coscienza da parte di chi ha minato la credibilità dell’azienda, rendendole impossibile l’accesso al credito bancario per quadro normativo incerto, parole avvelenate o sterile tatticismo politico. In altre parole, il fallimento di diverse aziende e la perdita di numerosi posti di lavoro sono state la conseguenza di azioni politico-legislative mirate a rendere impossibile e poco credibile la vita produttiva e finanziaria di Arcelor Mittal prima e Acciaierie d’Italia dopo. Perciò mi sembrano inappropriate le lacrime sull’indotto di chiunque abbia concorso a realizzare l’introduzione della forma più spietata di evoluzionismo nei fatti economici di Taranto, ossia la sopravvivenza del più adatto a sopportare il peso dell’ingiustizia.
In questo senso spero che lo Stato, attraverso l’impiego nell’impresa di uno dei suoi uomini migliori come Franco Bernabè, possa tenere in evidenza tale circostanza e recuperare al processo produttivo tante aziende dietro la cui ragione sociale si celano le facce di uomini e donne che stanno soffrendo”.