Si dice: la sinistra non sfonda nelle periferie e tra le persone in stato di disagio. Vero, fuorché alle Comunali e grazie al Pd. Perché tutto questo? L’indagine sociologica ci dice ciò che si nota pure empiricamente. Gli argomenti della sinistra, ai quali spesso si arrende il Pd, sono quelli delle celebrity: genere, LGBT, piste ciclabili, enogastronomia luxury, ambientalismo politico e politicizzato. Questi argomenti sono lontanissimi dal rappresentare il tutto di un’azione politica accordata con i bisogni delle persone. Le persone normali non hanno i problemi delle celebrità e gradiscono, detto con Francesco De Sanctis, che ci si occupi delle loro lacrime e non che ci si limiti a piangere parlando dei loro problemi.
Le persone normali e quindi pure quelle che vivono nel disagio sanno riconoscere chi si bagna le mani con le cose che lacrimano: le liste d’attesa, la diagnosi precoce sulle malattie, i presidi territoriali d’assistenza e gli ospedali di comunità, le reti idriche, l’edilizia, l’agricoltura convenzionale, il lavoro come strumento di produzione e non come prodotto. Su questi argomenti la sinistra dice qualcosa di risoluto?
No. Resta silente. Quando qualcuno pone tutta la problematicità di questi argomenti, si apre un combattimento, tra contrasti e timidezze. Contro le norme risolute sulle liste d’attesa, magari per compiacere una parte di celebrità delle professioni sanitarie; contro l’innovazione nella diagnostica e negli screening per assicurare la conservazione negli assetti burocratici e di potere costituiti; contro il Piano casa, strumento di risparmio suolo, maggiore legalità e piatti a tavola, per criminalizzare senza prove tutto il comparto edilizio. E ci sarebbe da aggiungere molto altro.
Passiamo alle timidezze. Timidi sui Presidi territoriali d’assistenza e gli ospedali di comunità (ci sono solo in provincia di Brindisi), perché impongono tanto fastidioso lavoro da front office; timidi sui grandi finanziamenti necessari per ampliare le reti idriche e fognarie fuori dal perimetro del servizio idrico integrato, magari impedendo pure il funzionamento dei depuratori; timidi sui programmi d’ampliamento della sfera produttiva, per incomprensibile avversità nei confronti dell’industria; timidi sull’agricoltura di precisione, integrata e convenzionale, e molto veloci sulla più costosa agricoltura biologica e a volte addirittura sulla magie della biodinamica.
E pure sul versante delle timidezze ci sarebbe d’aggiungere molto altro. Come possono dunque votare a sinistra gli abitanti delle periferie e le persone disagiate se pure il Pd si mette a fare la sinistra delle celebrity? Ma alle amministrative ci votano. Certo. Ma non votano la sinistra in quanto compagine radicale, di stampo conservatore e rossa solo di bandiera; votano il Pd, i suoi alleati e la loro classe dirigente locale per la maggiore competenza sull’amministrazione pubblica rispetto alla classe dirigente scelta dalla coalizione avversaria e che, quando si mette all’opera, fa esattamente ciò che serve ai cittadini, soprattutto a quelli delle periferie e del disagio, senza inseguire i metodi visionari (“la visione”), i modelli di sviluppo (“modello di società”), cioè i recinti entro cui spaziano gli argomenti celebri delle celebrità. Una cosa che forse ha avuto a che fare con l’illusione mortifera del socialismo reale, ma che non è mai stato di sinistra.
Se ancora si può dire così.
Articolo originale su Corriere del Mezzogiorno del 21 ottobre 2021