Gli animatori o ideologi dei movimenti no-vax protestano contro una cosa di cui non gli importa proprio nulla. Il loro unico scopo consiste nel trovare un varco per un’affermazione politica e di potere, strumentalizzando le paure delle persone e utilizzando indifferentemente gli argomenti della vaccinazione, della tav, della tap, del negazionismo xylella, del “no” a tutto e chi più ne ha più ne metta. La politica e il potere. È sempre questo il problema. La croce e la delizia. Non si spiegherebbe altrimenti per quale motivo le stesse persone sono generalmente impegnate su fronti con oggetto completamente diverso e comunque in contrasto costante con scienziati e prova scientifica. Pretendono ragionamenti, discussione e partecipazione, insorgendo contro il pensiero a loro dire “dominante”, all’unico scopo di sobillare, radicalizzare lo scontro e sfruttare il clamore per raccogliere nuova militanza. Cioè consenso e quindi, se possibile, promessa di voti. E nello psicodramma del consenso e del voto che si gioca questa partita. Non sono mai disponibili a mettere nel conto la possibilità di avere torto anche quando si presentano come fautori del confronto; e quando il loro potenziale di conoscenze tecniche si rivela per quello che è, cioè pari a nulla e farcito di supercazzole, la strada d’uscita è sempre la stessa.
“Non-siamo-contro-ma” oppure “i poteri forti” che assumono al bisogno il nome di multinazionali, Davos, e Fondo monetario internazionale, per citarne alcuni. Una trimurti sempre in agguato, fortissima e misteriosa. 11 capro espiatorio perfetto, nella migliore tradizione del totalitarismo: dare in pasto un nemico così tanto generico e perciò così tanto innocuo. Che questo miscuglio o minestrone non utilizzi gli strumenti dello squadrismo verbale o della violenza è cosa che solo la malafede può aiutare ad ammettere. Non si riesce quasi mai, purtroppo, a cogliere per tempo il pericolo e non tanto perla difficoltà a guardare ciò che passa sotto il nostro naso quanto perla complicità e i silenzi di numerosi reduci di vecchie battaglie perdute – comunismo, fascismo, noglobalismo – e che oggi provano a rinascere, a vendicarsi delle frustrazioni inflitte dalla storia che gli ha dato torto, sotto le nuove insegne del “no” a tutto. Nel “no a tutto” non c’è democrazia perché non c’è il sapere, lo studio e la cultura specifica. Nel “noa tutto” c’è il diritto di parola senza il dovere di conoscenza. E quando la coppia “parola-conoscenza” scoppia, oltre il progetto di potere non c’è altra ragione ed è per questo che i primi a essere guardati in cagnesco sono i “sacerdoti” di quel matrimonio, gli scienziati e le loro prove. Ho guardato da vicino a questo problema sin dai tempi in cui mi ritrovai quasi solo a raccontare l’utilità del gasdotto Tap oppure la necessità di combattere, invano e con le armi della risolutezza, l’avanzare della xylella. Anche sull’obbligo vaccinale mi è capitato di trovarmi scaraventato dalla parte del torto negli anni in cui il Covid era ancora a venire e la questione riguardava l’obbligo di vaccinazione ai minori per una pericolosissima caduta della copertura vaccinale. Proposi una legge per porvi rimedio e involontariamente raccolsi una protesta continuativa di pionieri no-vax dinanzi alla sede del Consiglio regionale, perché a loro dire attentavo alla libertà di scelta e al divieto di trattamenti sanitari obbligatori, nonostante fosse chiaro che a nessuno è consentito di scegliere in libertà ciò che può far ammalare gli altri e che la vaccinazione non è un trattamento sanitario individuale ma a valore collettivo: la mia vaccinazione serve a me ma soprattutto agli altri. Protestare negando l’essenza della ragionevolezza, della prova scientifica e dei principi costituzionali, cos’è se non un’arbitraria piegatura di argomenti di vita quotidiana alle pratiche mortifere dell’ideologia? “Abbiamo il diritto di dubitare?” è la domanda suggestiva che si propone per contrastare per ideologia ciò che non si sa. La risposta a questa domanda non può essere dettata da timidezza. No, non si ha diritto di dubitare, se non si prova la fondatezza del dubbio; si può dubitare sulla forma sferica della tetra solo se si offrono prove sulla sua forma piatta. Dubitare è un esercizio di ragione se gli elementi del dubbio criticano con le *** )rove le conclusioni degli altri. “La Repubblica non ha bisogno di scienziati”, disse secondo la leggenda il giudice rivoluzionario commentando la condanna a morte di Lavoisier. La Repubblica ha invece bisogno di scienziati e di prova scientifica per poter decidere al meglio. E quando c’è qualcuno che pensa di poterne fare a meno, oppure qualche altro si trastulla sugli equivoci di metà strada, un po’ per l’uno e un po’ per l’altro, vuol dire che ha in animo di preparare una rivoluzione. E se è pur vero quello che diceva Leo Longanesi, e cioè che in Italia si cerca la rivoluzione per trovare l’agiatezza, è meglio non rischiare: si tratta del virus e non smascherare gli ideologi no-vax e le loro ambizioni di potere frustrate può costare molto caro.
Articolo originale su Nuovo Quotidiano di Puglia del 03/09/2021