“Sugli screening oncologici per i tumori al seno e al colon vengono esclusi, rispettivamente, le donne dai 40 ai 49 anni e dai 70 ai 75 anni, e i cittadini dai 45 ai 49 anni e dai 70 ai 75 anni. E il tutto in violazione delle leggi, una delle quali (colon) ritenuta legittima addirittura dalla Corte costituzionale, e di una recentissima raccomandazione della Commissione europea. E come giustificano tutto questo le burocrazie sanitarie in pieno dominio dei politici? Con le solite scuse per giustificare l’inerzia in materia sanitaria: il Covid, il piano operativo, i ministeri affiancanti, la carenza di personale e – ma questo lo pensano e non lo dicono per decenza – il malocchio. Eppure il ministero non ha mai scritto nulla in proposito. Anzi. Nelle raccomandazioni ministeriali del 2006 furono demandate alle regioni la valutazione sull’ampliamento delle classi d’età a quelle intervallate tra 45/50 anni e 74/80 anni. Ma purtroppo si parla e si commenta senza leggere le carte.
Ma, se pure il ministero l’avesse fatto contro le sue stesse indicazioni, non esiste – nella più elementare cultura giuridica – la possibilità di disattendere le leggi, peraltro giudicate legittime dalla Corte costituzionale, con una qualsiasi cartuccella.”
Lo dichiarano il Consigliere e commissario regionale di Azione Fabiano Amati, e i Consiglieri regionali Sergio Clemente e Ruggiero Mennea, capogruppo.
“In Italia sono previsti tre screening oncologici obbligatori per combattere al meglio i tumori al seno, al colon retto e al collo dell’utero.
Per quanto riguarda i tumori al seno e al colon-retto, due recenti leggi regionali hanno ampliato le classi d’età della popolazione bersaglio, portandole da 50-69 anni a 45-75 anni. E per quanto riguarda il tumore al seno si è istituito un percorso di verifica sugli eventuali rischi eredo-familiari per le donne tra i 40 e i 44 anni. Il tutto, ovviamente, accordando la normativa alla prova scientifica delle linee guida in materia oncologica.
Fatto sta che, nonostante le leggi regionali (entrambe legittime per statuizione della Corte costituzionale), le raccomandazioni ministeriali del 2006 (ossia di quasi venti anni fa) e la recente raccomandazione della Commissione europea, in Puglia – ostinatamente – i burocrati sanitari dell’assessorato regionale e delle ASL sono fermi alla popolazione bersaglio 50-69 per entrambi i tumori, adducendo varie scuse politiciste, alla faccia della normativa e lasciando senza prevenzione migliaia di persone, condannate al rischio malattia quando non c’è più niente da fare.
Così non si può procedere. Non si possono celebrare giornate e giornate di sensibilizzazione, con tanto di convegni e mobilitazioni, congressi con programmi chilometrici e relatori selezionati con il Cencelli per non dispiacere nessuno, giornate della donna, del malato, del paziente, della salute ecc. ecc., e poi rifiutarsi d’innovare applicando la legge.
Per questi motivi abbiamo chiesto un’audizione urgente in Commissione Sanità di tutti i responsabili, per una chiamata al più ampio senso del dovere. Noi non riteniamo di possedere il carisma della sensibilità, anzi, ma nessuno potrà spingerci sulle vette della speciale classifica dell’inerzia, pensando che la posizione ex aequo scemi la pena per tutti.”