Sovranità alimentare.
Che cos’è? E la vittoria del made in Italy? Magari! O è il trionfo della dipendenza alimentare? Probabile! Fuori dalle ipotesi, fatto sta che sul concetto di sovranità alimentare c’è un’evidente traccia politica; un’alleanza tra radicalismi elitari e nostalgici, per promuovere il cibo prodotto come-si-faceva-una-volta. Un’idea di organizzazione agricola, certamente benintenzionata, finalizzata a una produzione limitata al necessario, sentendo agricoltori e consumatori, e utilizzando semi prodotti con metodi tradizionali e coltivati localmente. Peccato si tratti di una illusione, peraltro non molto pia, incompatibile con le necessità alimentari del mondo, costosissima, e quindi in grado di escludere dal diritto al cibo la stragrande maggioranza delle persone, soprattutto le più povere e bisognose d’uguaglianza. In realtà avremmo bisogno di un grande sovranismo produttivo, inteso senza nostalgie e per metterci al passo con gli altri Paesi del mondo. Un programma, cioè, di indipendenza italiana nelle produzioni agricole, per ridurre le imponenti importazioni di prodotti che invece vietiamo di coltivare, per via di un atteggiamento antiscientifico e meramente ideologico. E questo significherebbe, evidentemente, la fine dell’irragionevole embargo e sabotaggio sui semi OGM e da genoma editing. Un ostracismo che ha avuto esiti paradossali: vietare od ostacolare la coltivazione di produzioni innocue per la salute che invece importiamo e consumiamo in grandi quantità.
Ben prima dell’aumento dei costi causato dalla guerra, abbiamo importato soia e mais ogm per una spesa di 2,3 miliardi di euro, quasi pareggiando le esportazioni per i nostri prodotti DOC e IGP. Uno scambio, simile a un disastro, e tanti saluti alla competitività del settore. La nostra bilancia agroalimentare resta in piedi solo grazie alle esportazioni di vino ma, anche qui, rischiamo di farci superare dalle produzioni che fanno ricorso al genoma editing, migliorando la resistenza delle viti, evitando numerosi spargimenti di solfato di rame e producendo un’uva di miglior qualità sanitaria e ambientale.
E poi il grano. Nella Puglia patria della ricerca e dell’ingegno cerealicolo del CREA di Foggia, non riusciamo a mandare in campo i semi in grado di aumentare la resa e quindi la minore dipendenza dall’estero, sempre per i soliti ostracismi nei confronti della ricerca scientifica. Dinanzi a questo scenario, la scelta per una disillusa sovranità alimentare porterebbe a un tris di veri benefici: ridurre le imponenti importazioni, aumentare la resa e selezionare le migliori varietà. Se sovranità alimentare significasse questo, tanto di cappello.
Era ora. Temo però che non stia andando così e che il nuovo nome del ministero ha creato una strana alleanza rosso-bruna, occultando un intento di propaganda se non d’incompetenza. E già lo si nota dai primi commenti, fatti di rispettosi e reciproci complimenti tra conservatorismi di destra e sinistra; un sodalizio tra estremi che si attraggono per ideologia e penalizzano il nostro Paese al suono falsamente dolce, romantico e nostalgico dei bei tempi andati. Il programma di riproporre, addirittura sulla carta intestata del Ministero, divieti e vincoli per pratiche agronomiche invece democratiche, popolari e fondate sui magnifici effetti della libertà di ricerca e innovazione, è ciò che emerge a prima vista. E tutto questo per far avanzare un disegno politico contro la realtà e col rischio di finire per favorire addirittura pratiche magiche e superstiziose, come la biodinamica, importata allegramente, altro che sovranismo, da un organismo di certificazione tedesco. Tale Demeter. Quello stesso che nella scorsa legislatura stava ottenendo addirittura valore di legge, se solo il presidente Mattarella non avesse deciso di bloccare il voto finale della Camera accogliendo l’appello della senatrice Elena Cattaneo e del premio Nobel Giorgio Parisi. Sovranità alimentare?
Boh! Ciò che va bene o male dipende dalle parole solo se queste si accordano con ragione. E sempre un fatto di testa. Da tenere a posto.
Articolo pubblicato su Gazzetta del Mezzogiorno del 27 ottobre 2022