Dichiarazione del Consigliere regionale Fabiano Amati, con riferimento all’intervista rilasciata dal Prof. Luciano Canfora a La Gazzetta del Mezzogiorno dal titolo: “Salvini sbaglia, ma l’Ucraina pure. Il filologo sta con la Russia: violati gli accordi”.
“Anche un grande professore come Luciano Canfora può sbagliare e finire per dire cose crudeli. Non mi pare nei fatti sostenibile che l’Ucraina sia un Paese prevaricatore e che la Russia impotente si stia difendendo. È questo un capovolgimento di fronte inaccettabile, soprattutto mentre l’aviazione russa bombarda gli ospedali pediatrici e insegue le persone con bombe di fuoco.
E nemmeno le ragioni poste a fondamento del ragionamento del Prof. Canfora mi paiono sostenibili.
Infatti. La storia ucraina degli ultimi cento anni non può essere letta correttamente senza prima considerare e premettere il terribile genocidio del 1931-32, eseguito da Stalin per imporre alla riottosa Ucraina il socialismo e la collettivizzazione delle terre. E su questo consiglio il libro di uno storico specialista: E. Cinnella – Il genocidio dimenticato.
Sulla base di questa premessa e andando a tempi più recenti, il 1° dicembre 1991 un referendum popolare deliberava l’indipendenza dell’Ucraina, con il 90 per cento dei voti favorevoli e con la vittoria del SÌ anche nelle regioni oggi contese e più filo-russe.
L’8 dicembre 1991 fu poi sottoscritto l’Accordo di Belaveža, fondativo della Comunità degli stati indipendenti.
L’Ucraina non ha però mai ratificato l’accordo di Belaveža, perché contestava, tra tante cose, la qualità della Russia di unico successore dell’URSS e del ruolo in sede ONU.
L’Ucraina, quindi, è stato un Paese solo ‘associato’ al CSI.
In ogni caso, lo Statuto CSI prevedeva un procedimento di rinuncia all’adesione o associazione, che l’Ucraina ha definitivamente esercitato nel 2018.
Bene, come si possono sostenere gli obblighi dell’Ucraina in base all’appartenenza a una organizzazione – CSI – da cui si è regolarmente dissociata? E in più basterebbe leggere l’accordo di Belaveža e il protocollo del 1991 per rendersi conto che spesso vengono attribuiti contenuti di dipendenza alla causa politica o militare della federazione russa che non hanno mai avuto.
Appare infine alquanto incongruente sostenere l’iniziativa bellica russa come fatto idoneo ad assicurarsi un buffer e per giunta a spese delle sovranità altrui, al fine di difendersi da un attacco Nato; e questo sia perché è alquanto fantasioso immaginare tale attacco portato avanti da un’organizzazione – la Nato – centrata sulla difesa dei propri aderenti da attacchi altrui, e sia perché risulta pure comico pensare che nel tempo dei missili a lunga gittata e degli scudi spaziali la deterrenza possa avvenire dotandosi di un pezzo di terra neutrale a confine.
L’attacco bellico di Putin all’Ucraina e le opinioni in sua difesa non hanno alcuna giustificazione storica o militare, ma adempiono a difendere su presupposti artificiosi la dittatura russa e il pericolo che essa possa essere abbattuta dai venti di libertà che si stanno alzando a confine. Tutto qui. E mi spiace che nel sostenere questa causa politica non si consideri il prezzo di sangue che l’aggressione di Putin sta facendo pagare a tante persone”.