“È tutto pronto per portare in Commissione e poi in Aula la proposta di legge che dichiara guerra alle liste d’attesa e al malcostume del sistema a pagamento per saltare la fila. Un sistema perverso in grado di aggiungere alla malattia una penalizzazione di tipo economico, scatenata sui cittadini più in difficoltà per motivi economici e sociali. Ho per questo chiesto al Presidente della Commissione Sanità di iscrivere subito all’ordine del giorno la proposta di legge, per poi portarla in Aula prima della pausa estiva, perché non possiamo andare in ferie senza aver provato a limitare questo malcostume”.
Lo dichiara il Presidente della Commissione regionale Bilancio e programmazione Fabiano Amati, promotore e primo sottoscrittore della proposta di legge per contenere i tempi d’attesa in sanità.
“Chi è contro questa proposta di legge è per l’illegalità, perché è vietato dalla legge il disallineamento tra i tempi d’attesa delle prestazioni istituzionali con quelle a pagamento. È vietato dalla legge sentirsi dire al Cup che le agende sono chiuse e ‘se volete potete andare a pagamento’, oppure che per la prestazione istituzionale servono anni mentre per quella a pagamento il giorno stesso.
Certo ci sono anche altri problemi, ma questo non può essere un alibi per non occuparsi di questo problema.
Com’è mai possibile, infatti, che a parità di numero di prestazioni, personale impiegato e ore lavorate, i tempi d’attesa sono così diversi tra le prestazioni istituzionali e quelle a pagamento? È impossibile sul piano logico osservare questo esito e non stabilire la sanzione temporanea della sospensione dell’attività a pagamento sino a quando i tempi d’attesa non ritornano allineati.
Da questa legge non hanno nulla da temere i medici e le unità operative con tempi allineati; c’è invece da scuotere a maggior rigore quelli con i tempi disallineati.
La mia proposta non è un attacco ai medici, ma un sostegno alla maggior parte di essi con risultati appaiati con il senso del dovere, ingiustamente assimilati a quelli con poca familiarità con il concetto di responsabilità.
Ho rispetto per la categoria dei medici, com’è noto, per cui trovo assurdo osservare la contrarietà alla proposta di legge di qualche ordine provinciale o sindacato di categoria, i quali potrebbero meglio spendere le loro energie rivendicazioniste nel chiedere l’eliminazione della più profonda ingiustizia gravante sul capo dei medici italiani: gli stipendi più bassi d’Europa. Come sarebbe bello poter fare una battaglia comune su questo argomento, piuttosto che osservare barricate per difendere l’attuale iniquità dell’attesa in sanità, finendo per sferrare un pugno in faccia ai cittadini più deboli e indifesi”.