“Se non costruiremo entro tre anni un nuovo termovalorizzatore pubblico, le discariche e il rischio malattia saranno il nostro futuro. Altro che chiusura al 2025 delle discariche Martucci e Corigliano. E questa non è una profezia ma la realtà fondata sui numeri. Bisogna tutelare la salute delle persone e raccontare sempre la verità”.
Lo dichiara il presidente della Commissione regionale Bilancio e programmazione Fabiano Amati.
“Chi dice giustamente NO alle discariche ma non pronuncia un secco SI a un nuovo termovalorizzatore pubblico è complice del partito delle discariche e nemico dei bambini e dei grandi.
Andiamo ai numeri per dimostrare questo dato di realtà.
In Puglia ci siamo attribuiti con il Piano dei rifiuti obiettivi ottimistici sulla raccolta differenziata. Li raggiungeremo? Chissà. Ho molti dubbi ma ci spero.
In ogni caso, nei prossimi anni è certo che continueremo a produrre rifiuti indifferenziati, sia perché non lo abbiamo previsto nemmeno tra le più rosee previsioni e sia perché il rifiuti-zero non esiste in natura.
Prendiamo allora in esame i dati dell’ultimo anno completo, il 2020, e pur sperando che le quantità possano ridursi – anche se il 2021 si sta attestando più o meno allo stesso livello di produzione – non muta il processo logico e tecnologico che porta alla necessità di costruire un nuovo termovalorizzatore in sostituzione delle discariche.
La produzione di rifiuti indifferenziati totali nel 2020 è stata di circa 900mila tonnellate. Ciò significa, detto in modo molto sommario, che abbiamo mandato a trattamento meccanico biologico 900mila tonnellate di rifiuti indifferenziati, così da ottenere materiale da sopravaglio (frazione leggera costituita da sostanze organiche, carta e plastica) per una media del 70 per cento e cioè 630mila tonnellate, e da sottovaglio (frazione pesante costituita da metallo, legno, inerti, vetro, plastiche dure) per una media del 30 per cento e cioè 270mila tonnellate.
Cosa è successo dopo questo primo procedimento di selezione, che poi è la cosa che succede sempre? Il sopravaglio è stato destinato a un trattamento che produce combustibile solido secondario (CSS), nella misura media dell’80 per cento, che poi è stato bruciato in due impianti privati di valorizzazione energetica, in esercizio a Massafra e Manfredonia. Inoltre, il sopravaglio ha prodotto, dopo la trasformazione in CSS, uno scarto medio del 20 per cento, cioè 12mila tonnellate, che è finito in discarica.
Passiamo al sottovaglio: 270mila tonnellate, conseguenza del trattamento meccanico biologico, ai quali aggiungere 126mila tonnellate quale residuo del procedimento di smaltimento di sopravaglio, per un totale medio di 376mila tonnellate annue.
Cosa si è fatto e si fa di questo materiale, che il Piano prevede di ridurre nel 2022, volesse il cielo, a un totale di 200mila tonnellate? Si è smaltito in discarica perché sono due e solo due le soluzioni: o le insalubri e inquinanti discariche oppure un più salutare e ambientalmente compatibile termovalorizzatore, che per quanto mi riguarda dovrebbe essere pubblico; ce ne sono e di tecnologia diversa e pure senza camino.
Per realizzarlo, nel sito che tecnicamente dovesse risultare più idoneo, servirebbero due anni, cominciando da oggi, e l’inaugurazione coinciderebbe con il rispetto dell’obiettivo di chiudere le discariche entro il 2025.
Per questo motivo credo che la giusta protesta contro le discariche si disonorerebbe se da oggi non si facesse accompagnare dalla richiesta di costruzione di un termovalorizzatore pubblico, la metà di quello di Acerra (ha tre linee di produzione per quasi 700mila tonnellate annue) e un po’ più piccolo di quello con annessa pista da sci di Copenaghen (400mila tonnellate annue).
E mentre a Copenaghen e pure nella vicina Campania rispettano l’ambiente e la salute dei bimbi e dei grandi evitando le discariche, noi in Puglia pensiamo di tutelare la salute delle persone sopportando le inquinanti discariche e maledicendo la loro unica alternativa seria: i termovalorizzatori. Un capovolgimento della realtà che non intendo sostenere perché la coscienza non può sopportare che per motivi ideologici, cioè l’idea di portare nella modernità la perdente lotta di classe e l’ostilità all’economia sociale di mercato sotto le mentite spoglie dell’ecologismo, si consenta che le persone si possano ammalare o che possano tornare a tempi di privazione e povertà che il progresso ha via via ridotto”.