Articolo pubblicato sul Nuovo Quotidiano di Puglia del 28 marzo 2025
di Fabiano Amati.
Il tempo Costas l’aveva già condannato. Affetto da una rara malattia del sangue chiamata Sindrome di Pens, non era più idoneo né a nessuna terapia nota, né a un trapianto. I medici gli avevano lasciato due opzioni: morire a casa o morire in ospedale. Poi è accaduto qualcosa.
Il miracolo…
Un medico di Philadelphia, David Fajgenbaum, ha proposto al comitato etico una terapia mai testata prima. Il suggerimento non veniva da un’intuizione personale, ma da un algoritmo. Un’intelligenza artificiale, addestrata a combinare farmaci già esistenti, aveva identificato una combinazione di due medicinali. Non nuovi, non straordinari. Semplici. Nuova, inedita, l’idea di associarli. Poi fu decisa la somministrazione.
Oggi Costas cammina. Sorride. Vive.
Per la prima volta, la speranza non è arrivata da una nuova scoperta o da una nuova scienza: è arrivata da una nuova logica, capace di dare un nuovo senso alle scienze già esistenti. Un primo esperimento, sì. Ma un esperimento riuscito. Il test su una sola persona non è scienza, ma non è nemmeno un caso se una persona senza speranza ora sorride.
Il medico che ha proposto la terapia, David Fajgenbaum, è egli stesso sopravvissuto a una malattia considerata incurabile. Ha fondato il Centro per la riprogrammazione dei farmaci presso l’Università della Pennsylvania e oggi dirige la rete internazionale di collaborazione scientifica “Every Cure”.
Con l’aiuto di Amgen (sì, quella dei farmaci per l’osteoporosi) ha messo in piedi una task force capace di individuare nuovi utilizzi per farmaci già esistenti. In collaborazione con l’intelligenza artificiale.
Ecco cos’è il miracolo: non più un evento inspiegabile. Ma un’organizzazione del sapere che trasforma la speranza in possibilità; che trasforma la medicina in “addestratore” sapiente della macchina.
E anche la narrazione (dall’uomo solo per farsi addestrare dal più saggio) si rovescia: ora è l’uomo a usare l’intelligenza per potenziare l’intelligenza. I progetti si intrecciano, i contratti si rivedono, le vite si salvano. Con un farmaco semplice. Due pillole.
Con tutte le malattie gravi – e non solo – potremmo guadagnare tempo e vita se l’intelligenza artificiale accedesse agli archivi mondiali di ricerca e conoscenza. Potremmo trasformare ciò che oggi è “uso compassionevole” in un pezzo nuovo di scienza.
Perché in questo caso, l’intelligenza artificiale ha scoperto ciò che già c’era, ma non vedevamo più. È questo il vero miracolo, il miracolo artificiale. Ma del tutto umano.
E se davvero è possibile “non morire di malattia”, serve allora tutto l’impegno possibile per inseguire questa speranza. Serve una nuova politica della scienza. Serve una visione che metta al centro la conoscenza, il sapere, l’umiltà della scoperta. E servono scelte.
Perché il vero miracolo, oggi, è sempre più scientificamente spiegabile.
Fabiano AMATI