AUDIZIONE IMPIANTI RINNOVABILI. AMATI: “AMBIENTALISMO È BLOCCATO DA RIMPALLI DI COMPETENZE. INTERVENGA EMILIANO”

“Uno stato anche di conflitto tra diverse sezioni della regione (energia e paesaggio) e tra la Regione e province. E’ emerso questo dall’audizione che si è svolta oggi in Commissione con i dirigenti competenti in materia e i presidenti della province. E intanto oltre 400 progetti di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, cioè 27miliardi di watt per raggiungere i target del Pnrr e del Piano energetico nazionale, sono fermi in attesa di autorizzazioni. L’ambientalismo non si fa con le parole, continuando dunque a inquinare e ad ammirare le virtù degli altri paesi. A questo punto è necessario che il Presidente Emiliano promuova l’approvazione di un provvedimento definitivo di chiarimento normativo e amministrativo, intersettoriale, in grado di non farci disperdere l’appuntamento con la transizione verde”.

Lo dichiara il presidente della Commissione Bilancio e programmazione della Regione Puglia Fabiano Amati, al termine dell’audizione richiesta proprio al fine di avere un quadro generale in termini di numeri di progetti per provincia e tipologia di impianto – eolico, fotovoltaico, biometano, biomasse – e di potenza.

“La produzione di energia da fonti rinnovabili rappresenta un’attività di interesse pubblico che contribuisce alla salvaguardia dell’ambiente, agevolando la decarbonizzazione, e all’introduzione dell’idrogeno come vettore energetico.
Non esiste infatti alcuna possibilità che il carbone sparisca o che si possa raggiungere l’era dell’idrogeno, perché entrambi gli intenti hanno la necessità di grosse produzioni di energia da fonti rinnovabili.
In Puglia ci sono in attesa di autorizzazione 400 pratiche complessive. Se si esclude la provincia di Bari, il cui elenco sarà depositato nei prossimi giorni, le istanze sono così suddivise: 230 pratiche tra eolico e fotovoltaico in provincia di Foggia per una potenza complessiva di 170 mw; in provincia di Brindisi i procedimenti aperti sono 6 per l’eolico con una potenza complessiva di 450 mw e 79 per il fotovoltaico con potenza richiesta di 2200 mw; a Taranto i progetti in attesa di autorizzazione sono 25 per il fotovoltaico, per una potenza complessiva di 500 mw e due progetti di impianti per la produzione di energia da biometano/biomasse; nella Bat, i progetti presentati riguardano due impianti di eolico, uno di fotovoltaico, due di biometano; in provincia di Lecce le pratiche aperte sono 23, tutte di fotovoltaico, per una potenza complessiva di 395 mw. Per quel che riguarda le istruttorie ferme invece negli uffici della Regione, ve ne sono 32 statali, per le quali è richiesto agli uffici dell’ente il parere, e invece di competenza esclusiva, vi sono 17 progetti di fotovoltaico in attesa di Paur all’ufficio ambiente per una potenza di 718 mw.
Quest’audizione – dichiara il presidente Amati in conclusione – era un passaggio fondamentale per avere il quadro chiaro dei numeri ma è emersa la necessità di un intervento legislativo incisivo che sblocchi ogni difficoltà e avvicini la nostra regione agli obiettivi fissati dalle direttive comunitarie e dalla legge nazionale, senza contare che mentre la burocrazie tiene bloccate queste istruttorie l’Italia continua a fare i conti con inquinamento, come detto, e pure con le bollette salate. La causa maggiore dell’incremento tariffario, infatti, è addebitabile a carenze nelle forniture, per cui l’obiettivo del 30% del fabbisogno nazionale da rinnovabili, da raggiungere entro il 2030, è una necessità economica”.

Rinnovabili, Amati: “In Puglia fermi 27mila Mw e ciò significa predicare ambiente e razzolare su inquinamento e bollette salate. Domani in Commissione”

 

“Si predica di ambiente, decarbonizzazione, idrogeno, riduzione gas serra e PNRR ma si razzola su inquinamento e bollette salate, ritardando l’autorizzazione dell’unica cosa che realizza quegli obiettivi: la produzione di energia da fonti rinnovabili. Domani nelle Commissioni congiunte Ambiente e Energia capiremo di più”.

Lo dichiara il Presidente della Commissione regionale Bilancio e programmazione Fabiano Amati, richiedente della riunione delle Commissioni congiunte IV e V in programma domani 16 settembre.

“Le buone intenzioni ambientaliste rischiano di morire prima di nascere, soffocate nei cassetti della burocrazia.
In Puglia sono in attesa di autorizzazione centinaia di impianti per rinnovabili e per una potenza di 27 miliardi di watt, in grado di contribuire all’obiettivo italiano di 70 miliardi di watt in 10 anni e quindi alla decarbonizzazione.
Pur ammettendo che non tutti i 27 miliardi di watt siano autorizzabili per contrasto con la normativa statale o regionale, c’è da dire che non ci potrà mai essere un mondo green e un abbandono della produzione energetica inquinante, se non saremo in grado di dare il nostro grande contributo al raggiungimento degli obiettivi di produzione da fonti rinnovabili. A meno che l’intento politico di chi rallenta e ostacola il nuovo mondo non siano la decrescita e la povertà collettiva, cioè il raggiungimento di obiettivi politici già ampiamente sconfitti dalla storia”.

Ospedale Monopoli-Fasano, Amati: “Da oggi sarò ancora più feroce. Asl bacchetti l’impresa, sinora colpevole di clamorosi ritardi”

“La Asl di Bari bacchetti e dia una scossa all’impresa nel reclamare il rispetto dei tempi per la realizzazione del nuovo ospedale Monopoli-Fasano, considerato che la Astaldi-Webuild è ad oggi colpevole di clamorosi e ingiustificati ritardi. Da adesso la mia pressione si farà ancora più forte e feroce, a cominciare dal verificare ogni giorno il numero di persone a lavoro, perché si tratta di un ospedale che serve a curare dalle malattie centinaia di migliaia di persone”.

Lo dichiara il Presidente della Commissione regionale Bilancio e programmazione Fabiano Amati, commentando l’audizione odierna con la direzione generale, il rup e la direzione lavori.

“Mi vergogno nel vedere burocrati e impresa che cincischiano, mentre centinaia di migliaia di potenziali utenti attendono un ospedale che non hanno mai avuto per curare le malattie gravi.
Un ritardo di nove mesi, allo stato ingiustificato e a dire della direzione lavori privo di giustificazioni plausibili, con una forza lavoro media impiegata di 70-80 persone al giorno e a fronte di una necessità che ne richiederebbe 200.
Un panorama che desta meraviglia se solo si consideri che l’appaltatore è una grande impresa del livello di Astaldi-Webuild, che spero non voglia lasciare un cattivo ricordo.
Dalle prossime giornate mi occuperò in modo ancora più ossessivo della questione e chiederò al Presidente e al Ceo di Astaldi di aiutarmi nell’impresa di dare al più presto un ospedale a quel vasto territorio intermedio tra Bari e Brindisi.
Mi spiace rilevare che nel confronto con la costruzione dell’ospedale di Taranto quello di Monopoli-Fasano stia accumulando ritardi, peraltro considerando il maggior prezzo di aggiudicazione: 1500 euro contro 960 euro al metro quadro.
Sono mesi peraltro che l’impresa non deposita il nuovo cronoprogramma, ostacolando così le possibilità di controllo da parte della direzione lavori.
È questa una situazione intollerabile e spero che l’eventuale concessione di proroghe sulla costruzione dell’ospedale, che verificheremo nella prossima riunione del 18 ottobre, sia ampiamente giustificata e non attinente ai lavori complementari affidati o in via di affidamento, per evidente eterogeneità di oggetto.
Ringrazio comunque i manager della Asl e la direzione lavori per ciò che hanno fatto sinora e soprattutto per ciò che faranno, ben conoscendo il loro rigore nel perseguimento delle finalità pubbliche”.

La salottiera distinzione tra dosi e Pass obbligatori

Un’abilitazione a percorrere le strade difficili del mondo in tempi di pandemia senza rischiare di far danno a chi s’incontra. E un certificato obbligatorio di adempimento al dovere di non offendere la sfera delle libertà, a cominciare dalla sacrosanta libertà di vivere in buona salute. Il green pass è addirittura un chiaro passo in avanti rispetto all’obbligo vaccinale, altro che un surrettizio obbligo alla vaccinazione, perché certifica la condizione di maggiore immunità doverosa e al contempo sanziona la mancata vaccinazione con il divieto di entrare in contatto con gli altri.

Su questo fronte, la libertà di scegliere è un malinteso. Sulla vaccinazione la libertà prevalente non è infatti quella individuale. La vaccinazione non è valutabile tra le “libertà della volontà”, il poter fare ciò che si vuole, ma tra le “libertà civili”, il poter fare ciò che non nuoce agli altri. Confondere la “libertà di volontà” con la “libertà civile” offende il principio di solidarietà sociale preteso dalla Costituzione, il quale serve proprio a tenere in connessione il corpo naturale” (la persona e i suoi diritti) e il “corpo legale ‘{la persona e i suoi doveri). La vaccinazione è un trattamento sanitario a valore collettivo innanzitutto, e la sanzione in caso di coperture stentate può ben consistere nel divieto di frequentare gli altri. I sostenitori dell’obbligo vaccinale che però si dicono contrari al green pass, preferirebbero il carcere o altra sanzione penale a carico di chi rifiuta di vaccinarsi? Oppure opterebbero per l’esposizione al pubblico ludibrio, la marcatura a fuoco o la revoca dell’elettorato attivo? E non si dica, per piacere, che lo Stato non ha il coraggio di affermare l’obbligo vaccinale, senza però spiegare con quali modalità intenderebbero realizzarlo; con un Tso, con la camicia di forza, con due carabinieri a trattenere le braccia reprobe e un infermiere a inoculare? Il problema politico e tecnico-giuridico è sempre la proporzione tra la prescrizione e la conseguenza relativa alla sua inosservanza.

Anche nelle vaccinazioni ordinarie previste per i bambini, la norma non prevede che ai genitori di bimbi non vaccinati venga sottratta la responsabilità genitoriale o addirittura che finiscano direttamente in gattabuia. E invece previsto che la mancata vaccinazione comporti il divieto di essere ammessi a scuola, perché la vaccinazione serve al vaccinato, certamente, ma soprattutto alle persone con cui si entra in contatto. Sinora non ho trovato però nessun critico del green pass che nel tentativo molto contorto di spiegare questa posizione non abbiapreso cappello su due clamorosi bias cognitivi: il dubbio sull’efficacia vaccinale e i potenziali effetti da controindicazioni non ancora riscontrati. Nonostante molti si offendano di essere considerati per questo no-vax, è proprio attraverso quei dubbi che essi confessano il sospetto antivaccininista, perché espressi in violazione del metodo scientifico e giuridico. Chi ha un dubbio ha infatti l’obbligo di provarlo; non si può esprimere un dubbio senza prove e così facendo autoattribuirsi il diritto di dissentire. Copernico fornì le prove che Tolomeo aveva sbagliato e solo così favori la rivoluzione (copernicana).

Avere un dubbio senza provarlo è un atto arbitrario, anche quando proviene da personalità eccellenti in altri saperi. Affermare che il tempo disponibile alla sperimentazione è stato insufficiente, nonostante i vaccini abbiano superato tutte le fasi di validazione e così aprirsi al sospetto privo di prova o all’insinuazione che tra qualche tempo qualcuno potrebbe subire effetti contrari o avversi allo stato imprevedibili, equivale a sentenziare un improbabile effetto influenzale dopo aver bevuto una Peroni. Il problema è che molto spesso si perde la strada del concreto, dell’effettivo e del consistente, in una parola della realtà, per apparire controcorrente o per stupire. Che può pure andare bene in tempo di pace, ma in tempo di “guerra” il diritto e la politica hanno l’obbligo di rifugiarsi nel porto sicuro del buon senso. Della realtà: quella secondo cui vaccinarsi serve a se stessi e agli altri, evitando di trasformare un corpo umano non vaccinato in una fabbrica di mutaziobi e varianti, in grado di rendere meno efficace la protezione immunitaria dei vaccinati. Favorevoli al vaccino o contrari: è questa l’alternativa priva di adulterazioni o sofismi. Imporre il vaccino a tutti con gli strumenti più ragionevoli e proporzionati, per esempio il green pass, ha un nome impegnativo e pure dolce: libertà. A cominciare da quella di non ammalarsi.

Articolo originale su Nuovo Quotidiano di Puglia del 12 settembre 2021

Sanitari non vaccinati, Amati: “C’è da applicare la sanzione di 5mila euro, altro che smart working o punture da remoto”

“5mila sanitari non vaccinati in Puglia e c’è qualcuno che propone addirittura lo smart working, cioè le punture da remoto o via mail. Se non fosse cosa seria ci sarebbe da ridere. Ci sono la legge statale e quella regionale che prevedono le sanzioni della sospensione e pecuniaria di 5mila euro, e che attendono solo di essere applicate. Non farlo equivale a violazione di legge a contenuto non discrezionale. Questa è l’unica cosa che dovrebbero tenere in considerazione i Direttori generali delle Aziende sanitarie”.

Lo dichiara il Presidente della Commissione regionale Bilancio e programmazione Fabiano Amati.

“Gli operatori della sanità, siano essi medici, infermieri, anestesisti, ostetriche (solo per fare qualche esempio) possono devono svolgere il loro mestiere esclusivamente a diretto contatto con i pazienti. Mi pare assurdo doverlo ribadire. Già i cittadini si lamentano più o meno legittimamente del fatto che non riescono a parlare con gli addetti negli uffici pubblici per rappresentare le più svariate problematiche. E noi paragoniamo anche solo un semplice prelievo del sangue al rinnovo di una carta d’identità? Non scherziamo. Ogni lavoro ha delle responsabilità: quella di chi sceglie di curare gli altri comporta automaticamente il dovere di non farli ammalare. Ecco perché sono stati la prima categoria professionale per cui è scattato l’obbligo vaccinale. Peraltro mi pare paradossale che proprio chi chiede agli altri, nei momenti più delicati (ossia quando si tratta di salute) di affidarsi ciecamente alle proprie competenze, poi contesti le competenze della scienza. La sanità in tutte le sue diramazioni è un lavoro nobile: se qualcuno non ci crede è giusto che stia a casa. Ma ne paghi le conseguenze. Altro che smart working.
Si applichino allora tutte le sanzioni previste dalle leggi statale e regionale, evitando di cincischiare e farci ritrovare in una condizione di assurda disapplicazione di disposizione che hanno carattere obbligatorio e non lasciano alcuno spazio alla discrezionalità amministrativa di chi deve applicarle”.

Paolo e Marco, Amati: “Il tempo passa e nulla si muove. Spero che iniziativa Emiliano colga nel segno”

“Il tempo passa e nulla purtroppo si muove per Paolo e Marco, sia sul fronte dell’autorizzazione alla missione a Boston che sull’iniziativa del Presidente Emiliano di coinvolgere il Ministero della Salute e AIFA. È chiaro che le famiglie e tutti noi preferiremmo di gran lunga una soluzione incentrata sulla somministrazione della terapia genica Zolgensma in Italia, ma se questo non dovesse essere possibile nel giro di qualche giorno, spero che si valuti senza indugio l’autorizzazione alla missione all’estero così come prevedono le leggi”.

Lo dichiara il Presidente della Commissione Bilancio e programmazione Fabiano Amati.

“Due bambini e le loro famiglie confidano solo su tre cose: la scienza medica, le leggi e la coscienza degli amministratori pubblici. Su questa vicenda non possiamo essere ricordati, seppur in buona fede, tra coloro che evitano di assumere una decisione, affidandosi al risiko del tempo che passa e nella speranza che qualcosa o qualcuno aggiusti per noi le cose.
Tra poche settimane uno di quei bambini compirà due anni e gli sarà impedita la speranza di averci provato con una terapia innovativa. Neanche l’ospedale pediatrico di Boston potrà infatti più procedere. Un barlume forse agli occhi di molti, un risultato importante invece per chi vive e convive con una tragedia come la Sma 1. Da giorni attendiamo un segnale da Aifa dopo la presa di posizione del presidente Emiliano: non è arrivato nemmeno in termini di un ‘no’ definitivo. Nessuno decide ma per quei bambini e le loro famiglie il silenzio assume il significato dell’abbandono.
Io penso che la somministrazione in Italia sia possibile, anche con le modalità off label e cioè fuori dalla condizioni di somministrazione attualmente previste, e perciò auspico un esito felice dell’iniziativa assunta nei giorni scorsi dal Presidente Emiliano. Ma se ciò non dovesse accadere, ricordo ancora una volta che non c’è alcun motivo per ritardare l’autorizzazione alla missione a Boston, così come prevedono una direttiva comunitaria e la legge statale di recepimento”.

Ciclo rifiuti, Amati: “Penultimi in classifica. Servono impianti, no a perdite tempo dietro i no politicanti”

“Chi non ha gli impianti di trattamento dei rifiuti ha l’ambiente più lordo e paga una tassa rifiuti più salata. Siamo infatti al secondo posto, peggio di noi la Sicilia, nella classifica nazionale delle quantità di rifiuti conferite in discarica (47,5%). E il motivo di tutto questo è il credito che la maggior parte della classe politica attribuisce alle proteste politicanti di chi dice no a tutto. Quando capiremo che i rifiuti sono una ricchezza solo se associati agli impianti e che senza impianti si vanificano anche le pratiche virtuose della raccolta differenziata?”.
Lo dichiara Fabiano Amati, presidente della Commissione Bilancio della Regione Puglia, commentando uno studio presentato al Forum di Cernobbio.
“Non sono gli impianti di trattamento dei rifiuti che inquinano l’aria ma le discariche. Non è solo la cattiva gestione del servizio che alimenta le tasse ma le proteste contro l’innovazione. Lo studio presentato a Cernobbio dimostra che dove ci sono meno impianti la tassa sui rifiuti è più salata. Ovvio, sui costi pesa enormemente il trasporto verso gli impianti extraregione.
E c’è un altro dato da considerare: secondo quanto dichiarato da Assoambiente sulla base dei dati Ispra ogni anno spariscono nel nulla oltre due milioni di tonnellate di spazzatura. Dove vanno? Li gestisce la criminalità e lucra su ciò che dovrebbe essere un risparmio per le tasche dei cittadini.
Eppure c’è chi continua a dire no alla realizzazione degli impianti e chi, tra gli amministratori pubblici, strizza l’occhio invece di assumersi responsabilità. Del resto, nel Pnrr è scritto a chiare lettere: l’assenza di una rete integrata di impianti di raccolta e trattamento rifiuti è attribuibile all’insufficiente capacità di pianificazione delle regioni e in generale alla debolezza della governance. Per il pacchetto di misure legate all’economia circolare sono stati destinati all’Italia, e in particolar modo al Sud, più di cinque miliardi di euro. E’ tanto indispensabile quanto urgente realizzare gli impianti. Non si può essere inquinatori mascherati da ambientalisti”.

Marco e Paolo, Amati: “Va autorizzata la cura anti SMA all’estero, difficile si ottenga in Italia”

“Non credo che i medici di medicina generale possano prescrivere una terapia genica né che AIFA modifichi il suo regolamento in tempi brevi per i bimbi tracheostomizzati o ventilati. Per somministrare il farmaco in Italia c’è solo la possibilità di una prescrizione off label da parte degli specialisti italiani e sinora non mi pare che tale disponibilità ci sia, salvo pun cambiamento d’idea che mi renderebbe ovviamente felice. Resto comunque in attesa che l’attività posta in essere dal Presidente Emiliano nelle ultime ore possa rivelarsi fruttuosa, perché ciò che m’importa è che per Marco e Paolo, i bimbi affetti da SMA1, rimanga aperta la porta della speranza”.

Lo dichiara il Presidente della Commissione regionale Bilancio e programmazione Fabiano Amati.

“A scanso di equivoci vorrei sottolineare che le normative europea e italiana consentono le cure all’estero a carico del servizio sanitario, alla condizione che il trattamento non sia possibile effettuarlo in Italia. La condizione di tracheostomizzati o ventilati per la somministrazione della terapia genica anti SMA rappresenta un impedimento oggettivo idoneo a raffigurare il presupposto previsto dalla legge per l’accesso alle cure all’estero.

Il fatto che la terapia sia stata approvata in Italia non è dunque presupposto oggettivo, cioè in grado di superare il regolamento AIFA su tracheostomizzati o ventilati, ma solo soggettivo, cioè riferito alle condizioni cliniche del potenziale paziente. Qualora tali condizioni cliniche non siano compatibili con quelle dell’autorizzazione alla somministrazione dell’ente regolatorio, come nel caso di Marco e Paolo, emerge la possibilità di ottenere la cura all’estero a carico del servizio sanitario regionale, alle seguenti e ulteriori condizioni: l’ente regolatorio del paese estero preveda la somministrazione anche per le condizioni cliniche oggetto d’inibizione per l’ente regolatorio italiano; il centro estero sia di alta specializzazione e abbia rilasciato un protocollo terapeutico o un attestato di fattibilità. Tali condizioni sono state ampiamente soddisfatte, tant’è che l’ospedale pediatrico di Boston, centro di altissima specializzazione, ha rilasciato un attestato di fattibilità, regolarmente inviato alla Regione.

È chiaro che le condizioni cliniche di Marco e Paolo si presentano estremamente delicate, per cui la prudenza e l’equilibrio degli eccezionali specialisti pugliesi è da rispettare come segno di amore per la professione e per i pazienti, ma a tal proposito si tenga presente che anche per i medici di Boston la decisione sulla somministrazione avverrà a valle di imponenti approfondimenti clinici, con l’unica differenza che i loro riferimenti regolatori sono diversi da quelli che incombono sulla responsabilità dei medici italiani.

Per questi motivi mi pare coerente a normativa, salvo l’attivazione del procedimento off label, la decisione di autorizzare la missione di Marco e Paolo a Boston”.

Sma, Amati: “Marco e Paolo a Boston, prima che sia troppo tardi”

“Dobbiamo finanziare e sostenere subito il viaggio a Boston dei piccoli Marco e Paolo, malati di Sma1, per poter coltivare le speranze residue di somministrazione della terapia genica.
Ora abbiamo tutto ciò che serve: la legge, la dichiarazione di fattibilità dell’ospedale pediatrico di Boston e la domanda formale dei genitori. Non si può perdere tempo”.
Lo dichiara il Presidente della Commissione regionale Bilancio e programmazione Fabiano Amati.
“Le regole italiane non consentono la somministrazione della terapia genica Zolgensma a bimbi tracheostomizzati o ventilati. Marco e Paolo subiscono purtroppo questa limitazione.
Per questo motivo qualche settimana fa abbiamo invitato in audizione in Commissione i responsabili dell’ospedale pediatrico di Boston, considerato che negli Stati Uniti è invece possibile somministrare la terapia anche a pazienti con la condizione clinica di Marco e Paolo.
Dall’audizione dei Professori Darras e Graham dell’ospedale pediatrico di Boston, abbiamo appreso che la condizione clinica di Marco e Paolo, Sma1 grave e in fase avanzata, non presenta fatti normativi o regolatori che ostano alla somministrazione della terapia genica e che dunque dall’ospedale non avrebbero alcuna difficoltà a rilasciare una dichiarazione di fattibilità.
Sul piano strettamente medico, non ci sono studi clinici con durata convenzionale che coprano lo stato avanzato della malattia di Marco e Paolo, per cui è inibita ogni congettura sia in senso positivo che negativo.
La possibilità di sottoporre Marco e Paolo a terapia genica si fonda, dunque, sull’esperienza di cinque casi simili trattati dall’ospedale di Boston, il cui decorso non ha fatto registrare decessi ma solo risultati soddisfacenti. La decisione definitiva di ammissione alla terapia avverrebbe comunque a valle di uno scrupoloso approfondimento interdisciplinare, in grado di aprire a prospettive di miglioramento effettivo e non emotivo, così come poi si è avuto modo di riscontrare nei cinque casi trattati.
Per questi motivi mi sembra che non vi siano motivi ostativi all’ammissione di Marco e Paolo al finanziamento pubblico, per consentire – tanto per cominciare – il viaggio a Boston e gli ulteriori approfondimenti che dovessero risultare utili, impegnandosi a finanziare l’intero costo della terapia qualora possa rappresentare, come tutti speriamo, un passo decisivo nel miglioramento delle condizioni di vita dei piccoli Marco e Paolo.
Invito perciò il Presidente Emiliano ad occuparsi direttamente della questione”

L’obiettivo dei “no vax” è solo politico non la salute

Gli animatori o ideologi dei movimenti no-vax protestano contro una cosa di cui non gli importa proprio nulla. Il loro unico scopo consiste nel trovare un varco per un’affermazione politica e di potere, strumentalizzando le paure delle persone e utilizzando indifferentemente gli argomenti della vaccinazione, della tav, della tap, del negazionismo xylella, del “no” a tutto e chi più ne ha più ne metta. La politica e il potere. È sempre questo il problema. La croce e la delizia. Non si spiegherebbe altrimenti per quale motivo le stesse persone sono generalmente impegnate su fronti con oggetto completamente diverso e comunque in contrasto costante con scienziati e prova scientifica. Pretendono ragionamenti, discussione e partecipazione, insorgendo contro il pensiero a loro dire “dominante”, all’unico scopo di sobillare, radicalizzare lo scontro e sfruttare il clamore per raccogliere nuova militanza. Cioè consenso e quindi, se possibile, promessa di voti. E nello psicodramma del consenso e del voto che si gioca questa partita. Non sono mai disponibili a mettere nel conto la possibilità di avere torto anche quando si presentano come fautori del confronto; e quando il loro potenziale di conoscenze tecniche si rivela per quello che è, cioè pari a nulla e farcito di supercazzole, la strada d’uscita è sempre la stessa.

“Non-siamo-contro-ma” oppure “i poteri forti” che assumono al bisogno il nome di multinazionali, Davos, e Fondo monetario internazionale, per citarne alcuni. Una trimurti sempre in agguato, fortissima e misteriosa. 11 capro espiatorio perfetto, nella migliore tradizione del totalitarismo: dare in pasto un nemico così tanto generico e perciò così tanto innocuo. Che questo miscuglio o minestrone non utilizzi gli strumenti dello squadrismo verbale o della violenza è cosa che solo la malafede può aiutare ad ammettere. Non si riesce quasi mai, purtroppo, a cogliere per tempo il pericolo e non tanto perla difficoltà a guardare ciò che passa sotto il nostro naso quanto perla complicità e i silenzi di numerosi reduci di vecchie battaglie perdute – comunismo, fascismo, noglobalismo – e che oggi provano a rinascere, a vendicarsi delle frustrazioni inflitte dalla storia che gli ha dato torto, sotto le nuove insegne del “no” a tutto. Nel “no a tutto” non c’è democrazia perché non c’è il sapere, lo studio e la cultura specifica. Nel “noa tutto” c’è il diritto di parola senza il dovere di conoscenza. E quando la coppia “parola-conoscenza” scoppia, oltre il progetto di potere non c’è altra ragione ed è per questo che i primi a essere guardati in cagnesco sono i “sacerdoti” di quel matrimonio, gli scienziati e le loro prove. Ho guardato da vicino a questo problema sin dai tempi in cui mi ritrovai quasi solo a raccontare l’utilità del gasdotto Tap oppure la necessità di combattere, invano e con le armi della risolutezza, l’avanzare della xylella. Anche sull’obbligo vaccinale mi è capitato di trovarmi scaraventato dalla parte del torto negli anni in cui il Covid era ancora a venire e la questione riguardava l’obbligo di vaccinazione ai minori per una pericolosissima caduta della copertura vaccinale. Proposi una legge per porvi rimedio e involontariamente raccolsi una protesta continuativa di pionieri no-vax dinanzi alla sede del Consiglio regionale, perché a loro dire attentavo alla libertà di scelta e al divieto di trattamenti sanitari obbligatori, nonostante fosse chiaro che a nessuno è consentito di scegliere in libertà ciò che può far ammalare gli altri e che la vaccinazione non è un trattamento sanitario individuale ma a valore collettivo: la mia vaccinazione serve a me ma soprattutto agli altri. Protestare negando l’essenza della ragionevolezza, della prova scientifica e dei principi costituzionali, cos’è se non un’arbitraria piegatura di argomenti di vita quotidiana alle pratiche mortifere dell’ideologia? “Abbiamo il diritto di dubitare?” è la domanda suggestiva che si propone per contrastare per ideologia ciò che non si sa. La risposta a questa domanda non può essere dettata da timidezza. No, non si ha diritto di dubitare, se non si prova la fondatezza del dubbio; si può dubitare sulla forma sferica della tetra solo se si offrono prove sulla sua forma piatta. Dubitare è un esercizio di ragione se gli elementi del dubbio criticano con le *** )rove le conclusioni degli altri. “La Repubblica non ha bisogno di scienziati”, disse secondo la leggenda il giudice rivoluzionario commentando la condanna a morte di Lavoisier. La Repubblica ha invece bisogno di scienziati e di prova scientifica per poter decidere al meglio. E quando c’è qualcuno che pensa di poterne fare a meno, oppure qualche altro si trastulla sugli equivoci di metà strada, un po’ per l’uno e un po’ per l’altro, vuol dire che ha in animo di preparare una rivoluzione. E se è pur vero quello che diceva Leo Longanesi, e cioè che in Italia si cerca la rivoluzione per trovare l’agiatezza, è meglio non rischiare: si tratta del virus e non smascherare gli ideologi no-vax e le loro ambizioni di potere frustrate può costare molto caro.

Articolo originale su Nuovo Quotidiano di Puglia del 03/09/2021